E’ giunto il momento di aprire un altro fronte: la critica. Alessandro Pontremoli ci parla di una critica depressa e che non è più in grado di cogliere le nuove relatà di danza, costretta in un unico frame culturale.
Ubu… settete!
In attesa di leggi e leggine, in mancanza della pioggia di finanziamenti, in totale assenza di servizi pubblici e di sostegni privati, queste quattro compagnie indipendenti romane si organizzano così: decidono una serie di “servizi” da mettere insieme, e lo fanno! Semplice, o no? Parola chiave: sostenibilità.
Se qualche milanese gli vuole parlare direttamente, oggi e fino a domenica sono al Teatro Guanella.
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C’è spazio per la danza? Si, ma solo in Piemonte, Lazio e Campania!
Dunque, dove eravamo rimasti? Alessandro Pontremoli ci aveva parlato di alcune caratteristiche che, a suo avviso, sono importanti da tenere in considerazione per un giovane artista della danza contemporanea. Eccoli qua. Inoltre ci riporta il caso del progetto Spazio per la Danza Contemporanea, promosso dall’Eti. Una possibile buona pratica per l’italica danza.
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kinestetizziamoci!
E mentre il dibattito delle commissioni e delle personalità danzerecce italiane ruota ancora attorno al concetto di “qualità”, all’estero, nel nostro caso a Berlino, si è abbandonata la Qualität per andare in cerca di nuovi strumenti concettuali, come quello di “coscienza cinestesica”. Qual è la differenza? Qualità implica un giudizio di valore, questo è “qualità”, questo non è “qualità”. Ma dove la danza è ricca questi giudizi non vanno certamente più bene. Questo è bello… per chi? Chi è colui che si erge a giudicare la qualità di un lavoro di danza? Qual è il suo background critico? Concettuale? Espressionista? Astrattista-formalista? “Saranno famosi”?
Da Lara, un bel po’ di spunti per riflettere su come approcciarci a concetti pericolosi (e pericolanti), e l’indicazione di un sentiero utile per abbandonarli e approdare a nuovi metri di giudizio critico.