E mentre il dibattito delle commissioni e delle personalità danzerecce italiane ruota ancora attorno al concetto di “qualità”, all’estero, nel nostro caso a Berlino, si è abbandonata la Qualität per andare in cerca di nuovi strumenti concettuali, come quello di “coscienza cinestesica”. Qual è la differenza? Qualità implica un giudizio di valore, questo è “qualità”, questo non è “qualità”. Ma dove la danza è ricca questi giudizi non vanno certamente più bene. Questo è bello… per chi? Chi è colui che si erge a giudicare la qualità di un lavoro di danza? Qual è il suo background critico? Concettuale? Espressionista? Astrattista-formalista? “Saranno famosi”?
Da Lara, un bel po’ di spunti per riflettere su come approcciarci a concetti pericolosi (e pericolanti), e l’indicazione di un sentiero utile per abbandonarli e approdare a nuovi metri di giudizio critico.
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