14 Gennaio 2025

Christine De Smedt

Christine De Smedt è un’artista belga. Dopo gli studi in criminologia, si avvicina alle tecniche di ricerca sul movimento. Il suo lavoro si colloca tra la danza, la performance, la coreografia, il coordinamento, l’organizzazione e la cura di progetti artistici. E’ co-fondatrice della compagnia Les Ballets C de la B, che ha prodotto il suo lavoro dal 1993 ad oggi: il solo La force fait l’union, fait la force, il progetto itinerante nei Balcani Escape Velocity (1998) e la performance su larga scala 9×9 (2000-2005). Ha collaborato con Meg Stuart/Damaged Goods, Mette Edvardsen, Mårten Spångberg, Xavier Le Roy, Philipp Gehmacher, Vladimir Miller, Myriam Van Imschoot. Dal 2005 crea con Eszter Salamon nvsbl, dance#1 dance#2, e il progetto Transformers. Al momento lavora al solo 4 Choreographic Portraits e cura la residenza per artisti SummerIntensive.

Con Christine parliamo del suo primo solo, La force fait l’union, fait la force (1993), del suo ultimo progetto 4 choreographic portraits (con il supporto artistico e la collaborazione di Kristien van den Brande per l’elaborazione del concept, e di Bojana Cvejic, Vladimir Miller e Ana Vujanovic) e del suo approccio alla produzione in quanto artista non legata ad un protocollo di azione identico e immutabile ma piuttosto ad un continuo lavoro di spostamento, relazione e negoziazione su diversi piani.

Christine De Smedt costituisce la prima intervista della serie. Sorprendentemente, ho scoperto in un momento successivo che ha ricercato molto sulle interviste come strumento per sondare l’identità, personale e coreografica.

Campi di Produzione – il format

‘Campi di produzione’ è un format che, attraverso alcune interviste a coreografi di differenti età, diffusione e luoghi geografici di appartenenza, fa emergere alcuni aspetti che concorrono a formare quell’oggetto temporaneo che chiamiamo spettacolo, performance, installazione, eccetera.

Normalmente abbiamo modo di assistere o partecipare solo a quell’oggetto temporaneo, senza avere l’occasione di soffermarsi sulle pratiche sottintese.

Dando per scontato che il contesto di creazione, la scelta della modalità di produzione e di diffusione della coreografia, i tempi di produzione, i luoghi, la mobilità o non mobilità, le politiche locali, i rapporti con gli operatori del settore e molti altri aspetti economico-politico-sociali facciano parte dei processi artistici; e che il processo di lavoro sia una parte costitutiva del prodotto (cit. AA.VV. dagli anni ’60 ad oggi) la mia domanda di partenza è: ‘Come produci?’

Questo tipo di analisi non vuole sminuire il portato ‘artistico’ dei lavori coreografici ma vuole sicuramente contribuire a demistificare una serie di assunti ambiguamente radicati all’interno dello stesso settore: per esempio che l’arte costituisca un’eccezione assoluta, frutto di illuminazioni quasi religiose, e un lavoro-non lavoro indipendente dai suoi contesti di manifestazione e di produzione.

Quello che mi interessa è sviscerare dal punto di vista creativo attraverso quali fasi diversi coreografi producono dei lavori, le differenti tempistiche, la maniera di relazionarsi al settore, il tipo di poetica che diverse personalità portano nel proprio rapporto con l”esterno’, in articolazione con le pratiche artistiche.

La dimensione dell’intervista sfuma verso una poetica dell’incontro.

Ho scelto degli artisti che ho conosciuto personalmente e che mi hanno colpita e  contaminata; per cinque minuti, per qualche giorno o per anni – non misurando l’intensità con la durata.

Il progetto è artistico e le interviste hanno una dimensione che ho nominato ‘complicità provvisoria’.

Luna Paese

Yasmeen Godder: l’importanza di darsi una struttura

Cristine intervista l’artista israeliana Yasmeen Godder sulla situazione delle arti performative in Israele durante la crisi. Torna spesso nell’intervista il concetto di “struttura”: solo strutturandosi, dice Yasmeen, inserendo il proprio lavoro in una “basic structure”, un artista può lavorare e far fronte a periodi come questi, in cui diventano frequenti le cancellazioni last minute delle date dei propri spettacoli.

I don’t give a fuck!

Seconda parte dell’intervista di Cristine a Nigel Charnock. Qual è il rapporto tra performer e pubblico e come è cambiato in tempi di crisi? Bisogna andare incontro a maggiori compromessi?