22 Dicembre 2024

Paola Ponti presents RootsMe/Radici at Valletta2018 Cultural Mapping Conference

Paola Ponti has represented Perypezye Urbane during the conference “Cultural Mapping: Debating Spaces and Places” organized by the Valletta 2018 Foundation, in which she presented our project “RootsMe/Radici“. Her speech was titled “RootsMe/Radici – Mapping routes: a possible approach to cultural mapping through an artistic process”

RootsMe/Radici, born as a project exploring the topic of how the environment affects the body, revealed itself as a possible tool for cultural mapping. Paola spent one month in Malta and one month in Gozo with arborist Stefano Tedioli, moving around only on foot or by bicycle in order not to have an impact on the environment and to get closer to people. Their research did not have a scientific or anthropological purpose, but was born out of a desire to encounter people. Adopting a nomadic approach, they observed the relationships between people’s body shape and nature, food and houses, hands and crafts, feet and paths. As a performer, Paola used her body as a bridge to re-elaborate all the encounters and express through movements what she had experienced.

Paola Ponti in rappresentanza di Perypezye Urbane ha partecipato alla conferenza organizzata dalla Valletta 2018 Foundation, presentando il progetto RootsMe/Radici come possibile approccio artistico al “cultural mapping”. Questo è il suo intervento: buona visione!

 

BookMe: L’autista

Nella sua video-lettura, Federico Beltrami ha messo in musica il racconto “L’autista” tratto dal libro “E tutte le mattine mi svegliavo allegro” di cui è autore. Un modo creativo per cogliere lo spirito di BookMe!

Vuoi condividere anche tu il piacere della lettura? Scegli un libro che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita e consiglialo con un video in cui ne leggi alcuni brani. Manda il link del video a info@perypezyeurbane.org e lo pubblicheremo su BookMe.

Alessandro Pontremoli a NID Platform: la danza tra arte e pratica

Consigliamo di usare delle cuffie e di unire all’ascolto la lettura del testo trascritto qui sotto per seguire meglio l’interessante contributo di Alessandro Pontremoli, docente all’Università di Torino e membro della Commissione Consultiva Danza del MiBACT.

Il concetto stesso di estetica presuppone coordinate storiche, sociali, culturali, filosofiche, che a mio parere non determinano più il punto di incontro con una pratica, la danza,  che ci ostiniamo a definire ancora artistica solo per inerzia e conservatorismo lessicale. Se vogliamo addentrarci sulla fotografia del presente, e del presente nazionale, qui ancora siamo imprecisi, nel definire un territorio che nell’ambito della danza forse comincia solo oggi a presentare caratteristiche identitarie storiograficamente definibili. Occorre quindi fermarci prima dell’aggettivo, e rimanere fermi al concetto di pratica, e da qui, da questo ancoraggio minimo ma concreto, ripartire per cercare di nominare di volta in volta la pratica della quale stiamo parlando. E questo perché arte ed estetica sono concetti che ereditiamo da una condizione romantica e borghese dell’agire poietico, che hanno funzionato unicamente in un periodo circoscritto tra Sette e Ottocento, e per di più in un territorio limitato della società occidentale in formazione. Secondo questo pensiero, esiste l’arte, ed essa ha il compito di dire l’indicibile o di annunciare, apocalitticamente, che c’è dell’irrappresentabile. Tuttavia questa visione, in verità assai poco rivelativa, dimostra tutta la sua indigenza di fronte all’avanzare della necessità, piuttosto, di attestare, testimoniare, l’inattestabile. Gli eventi inauditi e gravissimi, e i gravissimi drammi sociali del presente, obbligano ad un ripensamento radicale del rapporto tra poiesis e praxis, al punto da sovvertirne la gerarchia. [Read more…]

Fabio Acca a NID Platform: Stare di lato. Discorso esoterico per una danza anfibia

Consigliamo di usare delle cuffie e di unire all’ascolto la lettura del testo trascritto qui sotto per seguire meglio l’interessante contributo dello studioso Fabio Acca.

Fabio Acca è studioso delle arti performative e ci presenta uno speech intitolato “Stare di lato. Discorso esoterico per una danza anfibia”.
Fabio Acca mette al centro una nuova figura non accademica ovvero i “Nuovi Cogitanti” e presenta tre parole che a suo avviso delimitano il concetto contemporaneo della danza di oggi: “lateralità”, “paesaggio” e “realismo inverso”.

“Nuovi Cogitanti” individua una nuova figura nel campo dell’arte che non si piega mai a una gerarchia del razionale, contemplando semmai grazie all’esercizio retorico, lo spazio si pone tra pratica e pensiero: Fabio Acca appartiene a questa forma di saperi di cui le accademie si sono col tempo liberate e che predilige un punto di vista selettivo, non solo storico e accademico, piuttosto curatoriale.
Questo serbatoio anarchico lanciato sul tentativo di confini del linguaggio consente di praticare qualcosa che Fabio Acca ha imparato a definire la “Lateralità”.
Accanto alla Lateralità, a delimitare la danza italiana, è anche un’altra nozione: “paesaggio”. Nel lessico dei coreografi svuota l’automatismo della tradizione italiana di perfezione corporea leonardesca della figura umana per lasciare piuttosto un disordine della scena vissuta come una città de-idealizzata, priva di ordine gerarchico se non la membrana spazio temporale in cui si pone l’azione. Questo comporta una sorta di neo-medievalismo ovvero la riformulazione in chiave contemporanea di un’estetica in cui il rapporto tra realtà e rappresentazione non è giocato nei termini di una retorica di una prospettiva ma in una visione mobile, a-centrica appunto laterale. Ovvero si consente allo spettatore di entrare da una porta di servizio e non da quella monumentale e principale.
Gli artisti che coltivano la lateralità della danza sono dotati di una percezione sferica, non lineare e ci insegnano ad accogliere, nel nostro orizzonte di pensiero sulla danza, fenomeni e rappresentazioni che non puntano alla rivelazione di un soggetto o di una gerarchia.
Arriviamo all’ultima parola prescelta da Fabio Acca: “realismo inverso” con la quale si riferisce alla tendenza che pone al centro la realtà non come serbatoio didascalico al servizio della rappresentazione, ma al contrario che tende a una doppia funzione quando si parla di danza e cioè danza non necessariamente portatrice di senso e danza non necessariamente portatrice di movimento, ma piuttosto introduce la visione di una danza con la tecnica del movimento del pensiero.